Soriano nel Cimino
Si lasciano le auto nel parcheggio nei pressi del Municipio di Soriano e si prosegue dritto su via Roma e giunti al bivio con via delle Bandite, giriamo a sinistra e iniziamo a salire. Sempre su asfalto arriviamo all’incrocio con via Giuseppe di Vittorio, dove giriamo a sinistra. La percorriamo fino alla fine dove l’asfalto lascia il posto ad una carrareccia sterrata. La segnaletica verticale indica Monte Cimino (1,40 ore). Camminiamo senza difficoltà su questa bella carrareccia e continuiamo sempre in salita fino ad arrivare sulla SP62, l’attraversiamo e riprendiamo il percorso seguendo la segnaletica verticale indicante Monte Cimino (1,10 ore). Siamo a Poggio Orlando (754 m) e, sempre su comoda carrareccia, saliamo costeggiando il bosco fino a quando giungiamo nuovamente ad incrociare la SP62. Qui giriamo a destra, seguendo la strada asfaltata, fino a raggiungere il piazzale del parcheggio, dove, nelle vicinanze, si trova il cosidetto“Sasso naticarello” un grande masso di trachite noto anche come rupe tremante o sasso menicante. Ha una forma ovoidale di circa 8 metri di lunghezza, 6 metri di larghezza, 3 metri di altezza, del volume di circa 100 m³ e del peso di circa 250 tonnellate. Anche Plinio il Vecchio nomina quale meraviglia della Natura e ancora oggi, con l’aiuto di una leva, possiamo farlo oscillare (….mica tanto!). Dal piazzale si giunge in breve alla località chiamata Aula Didattica (997 m), dove la segnaletica verticale indica Monte Cimino (0,15 ore) e Poggio Nibbio (2,30 ore). Affrontiamo una ripida salita, aiutati da scalini, e raggiungiamo la cima del Monte Cimino (1053 m), la cima più alta della catena dell'Antiappennino laziale e di tutta la provincia di Viterbo. Dal 2017 la faggeta del Monte Cimino è stata inserita fra i siti UNESCO Patrimonio Mondiale Naturale dell'Umanità. Sulla cima sorge una torre che non si può visitare e purtroppo, vista l’abbondante vegetazione, dalla vetta non si scorge nulla del paesaggio circostante. Di ritorno passiamo nuovamente dall’Aula Didattica, dove abbiamo sostato per la colazione, e questa volta percorriamo la parte alta della faggeta. Qua e là in ordine sparso spuntano massi trachitici ricoperti di muschio. Camminiamo su questo comodo sentiero fino ad immetterci nuovamente sulla SP62, l’abbiamo attraversata ed abbiamo imboccato un piccolo ma ripido sentiero (segnalato da un cartello “ermafrodite”) che scende con decisione. Qui la manutenzione è assente e i rovi invadono il sentiero. A fatica siamo riusciti a perdere quota e solo grazie alla traccia precaricata sul Garmin non ci siamo persi. Finalmente il sentiero migliora e camminiamo fra alberi di castagni secolari e grotte di eremiti (Grotta del Beato Lupo), fino ad arrivare davanti ai resti della chiesa medievale della Ss. Trinità, dove c’è l’unica fontana del percorso. La chiesa, ormai fatiscente e ridotta in pessimo stato, è situata in uno dei luoghi più suggestivi dell’intero territorio. Dell’unito convento nulla più rimane. La tradizione vuol far risalire la costruzione dell’intero complesso a S. Agostino d’Ippona (354-430). Proseguiamo il cammino in questo luogo stupendo, ma poi la strada è sbarrata da un alto cancello e tutt’intorno si alzano recinzioni metalliche. Fortunatamente c’è spazio sufficiente per passare sotto il cancello e uscire dalla parte opposta. La segnalazione del problema ai responsabili della Associazione Sant’Egidio ha sortito l’effetto che verrà vietato l’intero percorso “ermafrodite”, con apposizione di un cartello di divieto di transito all’inizio del sentiero. Da questo punto in poi seguiamo lo stesso percorso dell’andata fino a ritornare su via Garibaldi e al parcheggio.
Giornata climaticamente meravigliosa; Presenza graditissima del nostro Presidente Stefano, che ha festeggiato, da par suo, il suo recente compleanno.